IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Vista l'ordinanza sezione penale tribunale di Ancona 13 dicembre 1990 declaratoria di nullita' del decreto g.i.p. detto tribunale per mancanta indicazione nel detto provvedimento, del capo d'imputazione, stante l'erroneita' di detta interpretazione che non individua nel giudice colleggiale del dibattimento l'organo titolare del potere di sanatoria delle eventuali intercorse nullita' processuali; Poiche' nella concreta fattispecie alla riscontrata corenza ben si sarebbe potuto e dovuto avviare richiedendo, con contestuale eventuale differimento dell'udienza dibattimentale, all'ufficio giudiziario mittente ed emittente il decreto di rinvio a giudizio, l'originale o la copia dell'iniziale decreto di fissazione dell'udienza preliminare ritualmente notificato, a suo tempo, all'imputato, quest'ultimo non comparso all'udienza preliminare 13 novembre 1990; Ritenuto che, allo stato degli atti, si e' sicuramente in presenza di una stasi processuale equiparabile a quelle situazioni previste dall'art. 28, secondo comma, primo inciso, nuovo c.p.p., che possono dar luogo a conflitto di competenza ("casi analoghi a quelli previsti dal primo comma"); Poiche' tuttavia al riguardo, per l'espresso disposto del secondo inciso dell'art. 28 c.p.v., nuovo c.p.p., dovrebbe prevalere lo statuizione del giudice dibattimentale, e quindi questo g.i.p. sarebbe coartato al rinnovo del decreto di rinvio a giudizio dichiarato (erroneamente) nullo per mancato ricorso alla procedura di sanatoria, previa rimessione in moto di tutta la procedura prevista dagli artt. 418 e segg .. nuovo c.p.p. con evidente inutile dispendio di energie lavorative e processuali (fissazione e conduzione dell'udienza preliminare) da parte del giudice, partecipazione del p.m. all'udienza preliminare, avviso di rito, redazione del verbale d'udienza preliminare, ed altri svariati incombenti da parte della cancelleria; Poiche', per di piu', l'art. 28, secondo comma, secondo inciso, nuovo c.p.p. ha introdotto apposita norma che contiene potenziali enormi danni per la celerita' e snellezza del nuovo rito processuale (si pensi, per esempio, all'ipotesi, tutt'altro che remota, di una macroscopica erronea declaratoria di nullita' in un processo caratterizzato da numerosi imputati), il tutto in contrasto con gli artt. 2, 3, 97 (buon andamento della p.a. - Amministrazione della giustizia ed organizzazione strutturale procedurale dei pubblici uffici), 101, secondo comma, della Costituzione ("I giudici sono soggetti soltanto alla legge"), essendo di tutta evidenza che, in situazioni come quella in esame, il g.i.p., in ossequio formale a tale iniqua norma, verrebbe "sostanzialmente" costretta a porre in essere apposita attivita' processuale al di fuori di ogni previsione di legge e soltanto, lo si e' gia' detto e lo si ribadisce ancora una volta, in forza di erroneo provvedimento di altrta a.g. di fronte al quale egli non potrebbe far valere qualsivoglia giusta controdeduzione; essendo la questione non manifestatamente infondata e rilevante nel processo de quo, in quanto, ove dichiarata l'incostituzionalita' dell'infelice norma, la richiamata situazione di stasi processuale troverebbe equa e tecnicamente corretta soluzione tramite la procedura del conflitto di competenza ("casi analoghi a quelli previsti dal primo comma"); Poiche' comunque e' probabile che la nullita' sarebbe stata comunque sanata dalla presenza, nel fascicolo per il dibattimento di cui all'art. 431 nuovo c.p.p., formato dalla cancelleria del g.i.p. sotto la direzione e secondo le prescrizioni dello stesso, dall'originario decreto di citazione per il giudizio dell'udienza preliminare, tenuto conto che si e' in realta' trattato di mera autentica svista della cancelleria (perche' se nel testo del decreto ex art. 429 sta scritto "imputato come da foglio allegato" significa che a detta allegazione e "spedizione" al dibattimento la cancelleria non ha proceduto, mentre la lettera tassativa del 431 non consente, altrettanto incostituzionalmente (artt. 2, 3 e 97 violati) la predetta inserzione, non potendosi certo sostenere che la presenza nel fascicolo del decreto di citazione ex artt. 418 del c.p.p. venga ad influenzare la decisione nel merito ed a violare quel principio cardine del modello processuale accusatorio secondo cui la prova si forma soltanto nell'ambito del dibattimento (salvo eccezioni tassative tipo incidente probatorio ed intercettazioni telefoniche che confermano la regola), mentre al contrario l'autorizzazione al suo inserimento sanerebbe ipotetiche insorgenti nullita', attestando quindi il detto originario decreto che l'imputato, comparso o meno all'udienza preliminare, ha avuto notizia dell'imputazione e quindi sono stati fatti salvi i suoi diritti di difesa ex art. 24 della Costituzione; poiche' in ogni caso il g.i.p. esaurisce il suo compito con gli incombenti ex artt. 429 e 431 del c.p.p. a null'altro essendo tenuto;